OOO Intrecci imperfetti

Sabato 27 aprile – ore 21.15

Sinestesia Teatro
OOO Intrecci imperfetti
di Gianluca Bondi

Fotografia dello spettacolo “Ritorni”

Sinossi dello spettacolo

Lo spettacolo si articola in tre segmenti teatrali, ognuno di 25 minuti, legati da situazioni relazionali comuni a tutti noi in cui il rapporto tra maschile e femminile e tra reale e immaginario gioca un ruolo privilegiato. Tre testi classici affrontati stilisticamente in tre modi diversi. Oggetti e costumi segnaleranno i passaggi di scena, di personaggi, mentre gli attori sempre presenti sul palco si spoglieranno di un’identità per indossarne altre rivelando nuove relazioni che sottendono archetipi e comportamenti umani. Il fil rouge si muove visibile sulla scena nutrendo la sua forza in temi quali la presenza e l’assenza, la vita e la morte,  il contatto e il distacco, il reale e il fantastico, l’ al di qua e l’aldilà, il verosimile e l’assurdo, il maschile e il femminile

Temi universali di grande attualità raccontati nelle sottili riflessioni degli autori e portati in scena negli intrecci, appunto, grazie ad accenti di diversa intensità, a ritmi alternati, a toni ironici, a volte poetici, altre volte malinconici che segnano la tragicità del personaggio principale circondata, e continuamente stimolata, dalla leggerezza di chi lo accompagna.

Lo spettacolo prende vita dal susseguirsi di tre opere classiche, Otello di William Shakespeare, Oblomov di Goncarov Ivan, Orfeo e Euridice di Jean Cocteau, in cui si intrecciano le vite di personaggi presi da se stessi, chiusi all’interno dei propri labirinti psicologici, ciascuno proiettato in un film personale dal quale non sa e non può uscire.

Otello, tragedia che regala una profonda analisi di alcuni sentimenti che tormentano l’animo umano: la gelosia, l’amore, l’odio, il razzismo, l’invidia, la calunnia, il tradimento, la pazzia. Otello è un valoroso generale al servizio della repubblica di Venezia che sceglie Cassio anziché Iago come suo luogotenente. Geloso del suo successo e invidioso di Cassio, Iago trama la caduta di Otello presumendo il tradimento della moglie Desdemona. Un “prezioso” fazzoletto giunto nelle mani sbagliate, le false difese di Cassio da parte di Iago e le sue studiate reticenze, la potenza del dubbio, la convinzione del tradimento, la furia cieca del Moro di Venezia che sfocerà prima nell’uccisione della moglie poi nel suicidio appena appresa la verità. Una tragedia che ci accompagna nel teatro della vita dove ciascuno ha un’ombra che sa essere velenosa e persuasiva e se le si dà ascolto oltre misura annerisce il cuore e la mente. Questo dramma rappresenta il momento in cui l’ombra, reclamando lo scettro del comando, annerisce il malcapitato il quale, anziché lasciare soffiare i venti del caos ed aspettare il sorgere della luce, lascia agire il male.

Oblomov, romanzo russo di fine 800 nel quale si descrive l’infinita pigrizia dell’omonimo protagonista che impiega solo centocinquanta pagine per alzarsi! Un eroe della poltrona, un signore russo che vive di rendita e non ha voglia di far niente: giace dormendo e sognando, stanco e insensibile ai rumori della vita, proprietario non solo di terre ma anche di “anime”, di servi.  Vivrebbe tranquillo se i domestici non lo incalzassero ricordandogli le cose da fare. Dice un proverbio russo: «Svestimi, toglimi le scarpe, mettimi a dormire, coprimi, rimboccami le coperte, fammi il segno della croce, che poi, sta’ tranquillo, ad addormentarmi ci penso io»… è il senso dell’opera, questa mescolanza di pigrizia e bontà. La sua pigrizia come una malattia ma lui non vuole cambiare, nessuno potrà farlo cambiare né l’amico Stolz né il servo Zachar che vedendone la purezza dell’animo tentano di aiutarlo. Indifferente a ogni attualità, indolentemente, Oblomov langue nella nostalgia di un paradiso perduto e subisce l’eterno conflitto tra ideale e reale evocando un “sereno angoletto”. Il suo cuore desidera trovare un rifugio per vivere una felicità ignota agli altri.

Orfeo e Euridice, mito greco che racconta diOrfeo, cantore della Tracia, il cui canto affascinava anche gli animali ma lo distraeva dalla moglie Euridice. La Morte gliela tolse. Lui discese agli Inferi ed usò il suo canto per ottenere di ricondurre Euridice nel mondo dei vivi a condizione di non guardarla. Ma lui la guardò per un non si sa quale misterioso motivo e isolatosi per il dolore che lo affliggeva, venne fatto a pezzi dalle Baccanti.Della complessa storia di Orfeo, Cocteau orchestra tutti i temi del mito: l’interrogazione sulla poesia, la morte e l’immortalità, il tempo, il libero arbitrio, l’al di qua, l’aldilà, il doppio, le forze misteriose che si agitano nell’animo umano, vita e la morte che si affrontano, accompagnandoli con la tragica frivolezza della società moderna in un’attenta definizione dello spazio ove i personaggi si muovono e interagiscono. Il prologo a nome degli interpreti dichiara, proprio come accade prima dei numeri particolarmente pericolosi: attenzione, «lavoriamo molto in alto e senza rete di soccorso». Si può ben affermare che con Orfeo e Euridice finisce la parabola letteraria della storia d’amore come motore narrativo del mito in favore di una riflessione sul ruolo del poeta e della creazione artistica. Orfeo come ultimo termine di paragone possibile per una riflessione che indaghi sulle capacità e le finalità del segno poetico.

I protagonisti non riescono a cambiare il loro copione anche se elementi di realtà, nel loro quotidiano, cercano di destrutturare, correggere, sviare la loro rigida posizione emotiva esistenziale. Impossibilitati ad avere una capacità di modulare il proprio comportamento nel qui e ora su dati di realtà se ne discostano sempre più, fino alla pazzia, all’annichilimento di ogni facoltà e virtù, a sprofondare nel vizio e nella solitudine, all’abbrutimento dell’essere che perde il presente dietro la fantasia. L’ascolto e la modulazione del comportamento vengono ostacolati da un’eccessiva reazione a fatti contingenti che generano in loro pensieri, emozioni ossessive e compulsive, che favoriscono la costruzione di un mondo immaginario  sganciato dalla possibilità di rivedere le cose in un altro modo. Identificato totalmente con i propri fantasmi, le forti passioni, altri deliri o forme maniacali, l’uomo si perde e fa di sè la maschera di un burattino che non ha saputo trasformare il piombo in oro.

 Presentazione della compagnia

“LArte rinnova popoli ne rivela la vita,
vano delle scene è il diletto
ove non miri preparar lavvenire” 

Ci proponiamo di restituire chiaramente, oltre all’emozione stessa, la cultura delle emozioni, i pensieri e il vissuto esistenziale dell’artista a coloro che, in quel momento irripetibile, provano l’impulso o la curiosità di condividere quei contenuti.
Sinestesia è una particolare esperienza estetica, psicofisica e sensoriale, in cui alcuni sensi possono assumere qualità percettive e connotative associabili ad altri sensi. Allo stesso tempo è una forma di metafora che consiste nell’utilizzare in modo apparentemente improprio termini pertinenti a sfere sensoriali differenti. Base della nostra poetica e ricerca teatrale, oltre che il nome dell’associazione culturale, rappresenta in termini di pedagogia teatrale la nostra tensione a favorire il terreno per quelle possibilità creative e di studio date dall’intreccio di diversi piani in un clima emotivo, intellettuale e sensoriale idoneo. Presa in prestito dalla psicofisiologia clinica ne abbiamo fatto uno dei motivi ispiratori del nostro modo di fare teatro e uno degli obiettivi da raggiungere quando parliamo di fruizione. Nel nostro fare teatro sintetizza l’esperienza estetica emozionale che ci auspichiamo di indurre negli spettatori tentando di coinvolgere sensorialmente il pubblico a partire del lavoro dell’attore. Le emozioni e i pensieri dei personaggi sono i veicoli più immediati sostenuti da una regia mai troppo protagonista, ma finalizzata alla coesione soprattutto quando la poetica è raffinata ed evocativa.